martedì 18 dicembre 2007

UTMB 2007 - daniele cesconetto

tratto da:
http://www.trailrunningitalia.com/storie.htm

Il giro del Monte Bianco, è un itinerario permanente che gli “escursionisti normali”, effettuano nell’arco di più tappe bivaccando in tenda oppure pernottando nei vari rifugi che si trovano lungo il cammino. Questo finché, 5 anni fa, qualcuno ha avuto la brillante idea di organizzare un’ultra trail da compiere al massimo in 46 ore.
A pochi anni dalla nascita, questo evento è diventato un appuntamento cult nel panorama dell’ultramaratona europea e mondiale, richiamando a Chamonix migliaia di atleti.
Per rendere meglio l’idea, per questa edizione 2007 le iscrizioni si sono chiuse dopo 8 ore dall’apertura, per il raggiungimento del numero massimo di 2500 iscritti.
Il percorso ripercorre il perimetro della cima più alta d’Europa per un totale di 163 km e 8900 m. di dislivello. In pratica, un viaggio a piedi sulle orme di quello che è già diventato un mito non solo per l’alpinismo e l’escursionismo, ma anche per chi, della corsa senza fine ha fatto uno stile di vita.
Partenza venerdì 24 agosto ore 18.30 in un’atmosfera surreale con l’adrenalina a mille tra 10.000 spettatori accalcati sull’incantevole centro di Chamonix, e mi ritrovo attorniato da ultratrailer provenienti da tutto il mondo.
Sembrava quasi di essere ad un mondiale di trail, visto che c’era il meglio che si può trovare in circolazione; solo per fare qualche nome Marco Olmo, Vincente Delebarre, Gailord Thorpe, Dawa Sherpa, Christophe Jacquerod e Dean Karnazes… tutti fenomeni che non hanno bisogno di presentazioni. Durante questi anni di ultramaratone ho provato una miriade di sensazioni ma questa volta l’emozione e’ stata talmente intensa che a stento ho trattenuto le lacrime, quello che non sono riusciti a fare alcuni atleti che avevo al mio fianco e molte persone del pubblico… i discorsi di rito con in sottofondo una musica da gladiatori e, ….. la “battaglia” ha inizio!
Essendo sulle prime posizioni, anche se la corsa era lunga 163 km, è impossibile partire piano con l’adrenalina a mille nelle vene e cosi, bastoncini in mano, a tutta almeno finché non siamo usciti da due ali di folla.
Mi ritrovo cosi per i primi 8 km in compagnia di Marco Olmo, che con il suo andare “tranquillo” si lascia sfilare da tutti gli altri pretendenti alla vittoria finale; sicuro che “ tanto dopo li prendo tutti !!!“. Scambiamo qualche battuta finché arriva la prima asperità, “La Charme” e cosi io cammino e lui corre: “Bon vojage Marco !!”.
Una salita di 10 km e 852m di dislivello in gran parte su pista da discesa e con un panorama mozzafiato su sua maestà il Bianco versante francese a salutarci. Questo è stata l’ultimo paesaggio che sono riuscito ad ammirare nel giorno di venerdì 24 agosto, visto che dopo 7 km di discesa sempre su pista, sono calate le tenebre della notte e cosi anche il buio più totale.
Al 20 km a Saint-Gervais un bagno di folla trasforma il piccolo paese alpino in una torcida brasiliana… da brividi.
Ormai è buio pesto ed approfitto per accendere la frontale. Un mangia e bevi fino a Les Contamines (30 km) a 1150 m dove attacca la Croix du Bonhomme (2479 m) di 13 km.
Manca poco alle 22.00 e al controllo del chip, ecco lo stop per controllo del materiale obbligatorio nello zaino, comincia a fare freddino e cosi mi metto in versione invernale: via pantaloncini corti e t-shirt e su pantaloni lunghi, pile e k-way… dopo circa 10 minuti riparto e UTMB (Ultra Trail Mont Blanc ) entra nel vivo.
La salita all’inizio non era impossibile, ma noto che sono l’unico che corre, gli altri sono tutti al passo. Qualche tornante e faccio un esame di coscienza e decido che probabilmente c’è un “perché”, mi adeguo ai maestri francesi dell’ultramaratona e a passo spedito sotto la spinta dei bastoncini, procediamo verso la vetta. Scende la notte, è la luna piena a tenerci compagnia sotto un cielo stellato, un vento gelido in viso a tenerci svegli e il pensiero a casa a chi sta seguendo la gara (con il pensiero o su internet) di questi gladiatori del tempi moderni.
Raggiungo la cima verso 00.30 e seguo le luci che mi precedono in discesa.
Qualche centinaio di metri e… comincia una discesa che si vede solo nelle skyrace di 20 km tecnica, ripida e in gran parte su un torrente che scende dal ghiaccio.
Ogni tanto sento il crepitio dei bastoncini che sbattono nella pietraia e il francese di turno che vola ginocchia all’aria. L’imprecazione più comune: MERD !!!
In qualche modo e molto lentamente arrivo a Les Chapieux ( 1546m.) dove parte Col de la Seigne (2516m). 10 km di lunghezza e circa 1000m di dislivello dove capisco perché i francesi in salita camminano… perché e l’unica cosa da fare se si vuole arrivare a Chamonix con le proprie gambe. Dopo qualche km ecco le prime crisi: a circa 2000 m trovo seduto in un masso tra la neve, un atleta che paga il conto di “una partenza troppo allegra” in pantaloncini e maniche corte, gli chiedo se ha qualche problema e mugugna qualcosa di non ben decifrabile. Poco più avanti un altro… e poi un altro ancora: la dura legge di sua maestà il Bianco cominciava a mietere vittime.
Le ore passavano e, scollinata la Seigne, raggiungo Courmayeur alle prime luci del giorno verso le ore 06.00 (77 km dalla partenza) dove trovo una ragazza giapponese che dorme sul ciglio della strada con lo zaino sulla schiena.
Il centro cittadino, desolatamente vuoto, fa da attacco al rifugio Bertone (1989m), 5 km di salita su sentiero modello “non finisce mai !!!“ e poi su falsopiano fino al rifugio Monatti: anche se sento che comincio a dare segni di squilibrio e ad essere cotto, noto tristemente che il versante italiano è quello più sporco con confezioni di generi alimentari sparsi un po’ dappertutto sul sentiero... che caso !!!
Arrivo al Bonatti in piena crisi di fame, mangio tutto quello che mi era rimasto nello zaino con obiettivo il fondo valle Arnuva. Avevo sentito parlare “male” di quello che ci aspettava dopo Courmayeur ma non pensavo fosse cosi duro.
Ad Arnuva (1769m) comincia la salita più dura: Gran Col Ferret (2537m).
Una salita di 3,5 km modello “direttissima” da incubo, infinita, che dopo 94 km sulle gambe… e indescrivibile !!!
A fatica arrivo in cima, comincio la discesa e sono talmente fuori uso che non riesco quasi più a correre nemmeno in questo terreno.
Penso che non e’ possibile (mi mancano più di 60 km all’arrivo) e cerco di trovare una tecnica per rimediare alla situazione: porto il peso in avanti e con i bastoncini faccio in modo di non cadere.
Vado ormai avanti per forza d’inerzia e tra una salita, discesa, salita e discesa arrivo a Chapieux-Lac 122 km dalla partenza.
Ormai non mi rendo nemmeno conto che ore sono, sento solo che fa un freddo bestia.
Controllo l’orologio e sono le 15.00 e un sole stupendo con circa 25° gradi… sono sempre più fuso che, sono costretto a rimettermi addosso i pantaloni invernali che avevo tolto al rifugio Bertone. Tempo di mangiare qualcosa e riparto.
Vedo che non e’ che i miei colleghi se la passino meglio di me: piedi distrutti dalle vesciche, crampi e schiene distrutte dallo zaino.
Dopo tutto io non sto poi cosi male, semplicemente non vado più avanti… in compagnia di un ragazzo svizzero e un francese comincio la “Bovine”: salita modello “ arrampicata-ferrata”.
Ormai mi trascino solo con la forza di volontà, Trient 137 km, salita della Catogne, Vallorcine 147 km, Argentiere 153 km …… 10 km all’arrivo… ormai e’ fatta!
Compongo un treno in compagnia dello svizzero e con l’aiuto dei bastoncini anche in pianura, riusciamo a correre fino alla periferia di Chamonix, mi parla in inglese ma, nelle ultime ore non capisco nemmeno l’italiano figuriamoci l’inglese !!!
Andiamo al passo per qualche centinaio di metri, per gustare questi ultimi minuti di queste 29h 35’ 05” dove si sono raggruppate tutte le sensazioni e emozioni che un ultramaratoneta può provare.

Ho schedato due categorie di atleti che partecipano a quest’avventura:
la prima sono “i fenomeni”, che sono i primi 30 classificati e cioè i nomi sopraccitati;
la seconda sono “ quelli con le palle quadrate “; a questi la classifica conta ben poco, la sfida è contro se stessi, costretti ad interminabili camminate per raggiungere la cima, ed interminabili camminate per raggiungere il fondovalle e questo fino alla fine entro il tempo massimo… come dicono i francesi: “chapeau”, giù il cappello!!!.
Sarà impossibile vedere ancora quello che ho visto in questi due giorni: alla partenza, parenti e amici con le lacrime agli occhi; sul finale concorrenti che si sono trascinati all’arrivo con la sola forza mentale e scoppiare in un pianto liberatorio.

Questa e’ una delle mie vittorie personali più belle e, di solito, le vittorie vanno dedicate.
Io questa la voglio dedicare a tutte le persone che durante questi anni ho conosciuto e che in qualche modo hanno “creato” il Daniele Cesconetto che conoscete adesso.
Con i miei Amici con cui condivido questa magnifica passione che e’ la corsa sulle lunghe distanze…
Con chi mi alleno durante la settimana…
Con chi condivido, durante i fine settimana, ore ed ore su sentieri e asfalto in giro per l’Italia..
Con chi mi ha accettato per quello che ero, ma anche con chi non lo ha fatto ……..
Con Paolino, Remo, Ivan, Gianni, Stefano, Enrico, Lorenzo, Alessandro, Marco ……
Con Mario Pisani, Roberto e Alfio che non ci sono piu’ ma….. che stanno sicuramente organizzando qualche ultramaratona lassù …
Ma anche…
Con chi alla mattina beve il caffè nel bicchiere e guarda i dvd di Lupin …..
Con chi porta a passeggio il cane tre volte al giorno …..
Con chi mangia solo pizza margherita o melanzane grigliate …
Che a modo loro corrono con me….
Con chi mi accetterà (almeno lo spero) per quello che sono …
J’LL NEVER RUN ALONE

1 commento:

Unknown ha detto...

te sè forte vecio. paolo (biker)