tratto da:
http://www.novararunning.it/racconti/Frattini_Cro-Magon-2007.htm
Venerdì mattina, partenza ore 10 da Novara. Io, Roberto e Paolo. Siamo carichi e determinati e passiamo il viaggio a controllare l'equipaggiamento, a guardare le carte, le altimetrie e tutta la documentazione stampata dal sito. La giornata non è un gran chè, ma speriamo in bene.Dopo i vari cambi (Torino e Cuneo), arriviamo a Limone Piemonte dove ci accoglie un'insistente pioggerella. Continuiamo a sperare in bene. Chiamiamo l'albergo per sapere come arrivarci: non è vicino (ad un paio di km), anche se ci eravamo raccomandati con l'agenzia, ma il proprietario, molto cordiale, ci viene a prendere in macchina. Arrivati in albergo, "svacco" totale e ci concediamo un paio d'ore di sonno. Nel dormiveglia, vedo che la pioggia è aumentata: cade molto forte ed è corredata da tuoni. In distanza le cime sono imbiancate...
Alle 17, sveglia e ci prepariamo ad andare a ritirare i pettorali. Dopo un tratto di pedonale, piuttosto fangoso e un po' di pioggia che và e viene, arriviamo al tendone dell'organizzazione in centro paese. Qui ci aspetta una coda allucinante e per la maggior parte all'aperto (mentre si sarebbe potuta sviluppare sotto il tendone, viste le pessime condizioni meteo). La lentezza dell'organizzazione è estenuante, ma il tempo passa nel guardare gli altri concorrenti e scambiare pareri ed esperienze. Vediamo il solito Olmo, sempre sorridente e pronto all'ennesima vittoria. Qua e là alcuni volti conosciuti (tra cui il medico Trabucchi).Ritiriamo alla fine il pacco gara con pettorale, chip da polso (è la prima volta che mi capita), spille, roadbook, canonica t-shirt di partecipazione, qualche genere alimentare (tra cui due ottime barrette di Parmigiano Reggiano!!!).Il pasta party comincerà alle 19.15, ma vista la lentezza (ed il freddo), dato che manca più di mezzora, cerchiamo una pizzeria e ci facciamo tre pizze al prosciutto e tre birre medie: l'indomani ci servirà questo, ed altro!Dopo la pizza, subito in albergo a preparare l'equipaggiamento per dormire presto. L'attività è frenetica: prepariamo le razioni alimentari a base di parmigiano a cubetti e frutta disidratata. Controlliamo l'abbigliamento, suddiviso in quello che metteremo l'indomani, quello che spediremo come cambio a l'Authion (a metà percorso) e quello che manderemo direttamente a Cap d'Ail. Dopo vari ripensamenti e confronti tra noi, alle 22 si dorme. Sveglia alle 3.15!Naturalmente, come da copione, la sveglia non suona, ma il nostro sonno leggero ci permette di vedere che sono le 3.18. Ci alziamo e fervono i preparativi: sta piovendo, e forte. Proteggiamo tutto il possibile con sacchetti di plastica. Alle 3.30 la colazione. Scendiamo nel salone dell'albergo e a malapena troviamo un posto dove sederci (ci sono almeno una cinquantina di persone!). Di fianco a noi un gruppo di spagnoli, poco più in là dei francesi, poi un gruppo numeroso di Modena.Torniamo in camera: pausa bagno e ultimi preparativi. Nella fretta, Roberto chiude male la sacca d'acqua del camel back e bagna il letto. Momento di panico al pensiero che la sacca potrebbe essere forata, ma poi scopriamo che era solo il coperchio messo male. Scendiamo e il proprietario ci dà un passaggio in macchina fino alla partenza, per risparmiarci un po' di pioggia. Arriviamo sul posto e la confusione regna sovrana: come fantasmi nella notte i concorrenti vagano da una tettoia all'altra, chiedendosi cosa devono fare, cercando riparo dall'acqua e scambiando due chiacchiere con gli altri. All'altoparlante Pietro, l'organizzatore, dice qualcosa, in italiano o francese, ma le sue parole si perdono nel buio. Capiamo dopo un po' che ci sono i due furgoni su cui caricare le borse per metà gara e Cap d'Ail e li cerchiamo insieme ad un gran numero di altre persone, tutte preoccupate di non farcela o di sbagliare furgone. Chiediamo più volte al personale la destinazione, per essere sicuri di scegliere quello corretto. Un passaparola ci dice poi che il chip va attivato e ci indicano un garage buio dove una sedicente ragazza dell'organizzazione (rigorosamente senza alcun segno di riconoscimento), passa sul sensore uno strano apparecchio che non fa nè suoni nè luci per segnalare l'attivazione. Spero funzioni. Perdo Roberto (Paolo l'avevo già perso, ma tanto l'avrei comunque perso al via). Mi metto sotto la pioggia assieme a tutti gli altri attendendo la partenza. Qualcuno ha acceso la frontale, ma mi sembra che diano più fastidio che altro. Dopotutto sta per albeggiare! Alle 5.18 il conto alla rovescia, in francese ci da il via. Non ci sono spari e quindi nessuno, a parte uno sparuto gruppo, capeggiato da Olmo (e in cui c'è anche Paolo), si mette a correre. Ci guardiamo intorno, sotto l'acqua battente, un po' disorientati, e partiamo, a passo spedito, ma non correndo: non ce n'è bisogno e ne avremo tutto il tempo. La prima parte, in leggera salita, è molto fangosa e le scarpe, seppur adatte al trail, non ce la fanno. Ringrazio di avere con me i bastoncini che mi sorreggono e con cui riesco a dare una spinta discreta. Andiamo avanti così per un po', in silenzio o scambiando qualche battuta (tra cui la solita: manca molto all'arrivo?). Saliamo lungo strade sterrate, e poi entriamo nel bosco. A questo punto comincia un fastidioso su e giù, reso difficile dal buio e con alcune discese in cui è più facile scivolare che correre. Ancora una volta ringrazio i bastoncini.Dopo un po' si comincia a fare sul serio e arriviamo alle seggiovie a 1500 m. Si incomincia a vedere qui e là della neve. Saliamo in maniera più decisa, lungo il sentiero, ed a poco a poco la neve, da una spolverata tipo zucchero a velo sulla torta, diventa una presenza insistente ed a 2000 m supera i dieci centimetri.Da un po' la pioggia si è trasformata in nevischio e un vento forte ci tormenta. La fila degli atleti è l'unico tocco di colore in un paesaggio dove il bianco la fà da padrone e dove cielo e terra si fondono in un'unica essenza. Mi fermo ad aspettare Roberto che è rimasto un po' indietro. Saliamo insieme ed il freddo si fa sempre più pungente. Ho sempre avuto problemi alle mani con le basse temperature ed i guanti fradici d'acqua ed il vento gelido certo non aiutano. Arriviamo al culmine della salita e cominciano alcuni pezzi in piano o leggera discesa, dove si può correre. Perdo quasi subito Roberto. La visibilità è ridotta a poche decine di metri. Ormai la neve scende copiosa, favorita da un vento teso e molto freddo. Comincio a non sentire più le dita delle mani. Non riesco a stringere i bastoncini. Tolgo le dita dai guanti e le chiudo a pugno per favorire il riscaldamento, ma in questo modo sono costretto a trascinare i bastoncini che non solo diventano inutili, ma rischiano anche di farmi inciampare. Corro più che altro per scaldarmi (i piedi sono fradici e scivolano nelle scarpe). Sorpasso un paio di concorrenti, ed altri mi sorpassano, entrando nella neve fino alle caviglie. Tanto peggio di così... Le dita mi fanno sempre più male, ma corro, sperando di uscire quanto prima da questo ambiente inospitale. Il vento è davvero forte e neve ghiacciata mi tempesta l'unica parte scoperta, la guancia. Corro tenendo una mano alzata a proteggere il viso. Ad un certo punto, preso dallo sconforto, urlo verso il cielo: "che cosa vuoi mandarci ancora?? Non ti sembra abbastanza?". In quel momento un atleta mi sorpassa, probabilmente pensando che sono impazzito. COntinuiamo a perdere quota e quindi spero di uscire presto dalla zona nevosa. Ad un certo punto davanti a me vedo un gruppetto fermo che sta parlando con un tipo con i baffi, vestito pesantemente. Faccio per superarli ma il tipo mi ferma dicendo: "la gara è annulata!". "ANNULLATA!!!?" mi viene sul subito una parolaccia: ho sofferto fino ad ora per nulla? Poi sento che una ragazza più indietro è andata in ipotermia e le guide stanno andando a prenderla. In quel punto ci sono -4 °C, ma siamo già scesi un po'. Comincio a correre, e non per fare chissà che cosa: solo per uscire dalla zona fredda. Finalmente la neve cede di nuovo il passo al fango. Mi fermo e tolgo i guanti, con la bocca, perchè le dita non rispondono. Le succhio cercando di dare loro tepore. Funziona poco, quindi mi fermo e metto le mani sotto le ascelle. Dopo qualche minuto, il sangue ricomincia a scorrere, e mi viene da urlare per il male. Poco alla volta la sensibilità torna. Nel frattempo continuo a scendere, solo. I bastoncini sono d'impaccio. Dopo un po' mi accorgo anche che i guanti che credevo di stringere nella mano sinistra, non ci sono più. Li ho persi. Stramaledico il freddo e continuo a scendere. A questo punto me la prendo comoda: telefono a Elisa e chiamo un paio di amici. Raggiungo quindi l'asfalto e dopo circa un'ora sono al tendone dove tutti gli atleti, poco alla volta, stanno tornando. Tutti sono fradici ed infreddoliti, ma, a parte qualcuno, nessuno ha da cambairsi perchè le borse sono andate a Cap d'Ail o a l'Authion. L'organizzazione dirama comunicati bilingue incomprensibili e si prodiga con thè caldo e frutta secca. Molti usano le coperte in alluminio per scaldarsi. Scopriamo che il furgone di Cap d'Ail è già a destinazione e non tornerà prima di un'ora, mentre il secondo non si riesce a raggiungere telefonicamente. Aspettiamo. Battiamo i denti, beviamo thè ed aspettiamo. Quando il furgone arriva c'è un assalto per recuperare la propria borsa e i vestiti asciutti. Finalmente stiamo meglio! Nel frattempo è uscito anche il sole e quindi togliamo il disturbo dal tendone ed usciamo a riscaldarci. Il secondo furgone arriverà dopo un'altra ora. Lo aspettiamo con ansia per poter correre in stazione a prendere il treno per casa. E poi, finalmente, recuperiamo le borse; una corsa in stazione e prendiamo il convoglio delle 12.18. Si va a casa, un po' amareggiati, un po' delusi, un po' tristi.QUalche considerazione, senza cadere in polemiche: l'organizzazione non si è certo dimostrata all'altezza di una gara internazionale come questa, anzi ha dato l'impressione quasi di un fai da te, non molto consolidato. Mi rendo conto che dire al mattino alle 4 a 500 atleti che la gara era annullata non era un compito facile, ma farci partire con il miraggio di un'improbabile miglioramento delle condizioni meteo non è stata una scelta azzeccata. Aggiungiamo poi che non c'è stato alcun controllo dell'attrezzatura obbligatoria ed alcuni sono partiti addirittura in poncho, pantaloncini e senza guanti! Per finire, sicuramente la gestione dell'emergenza non è stata ottimale: la ragazza in ipotermia è stata soccorsa dai compagni di gara e non era prevista alcuna via di fuga per questa eventualità. Se tutto fosse succeso più avanti, dove non c'erano strade vicine, come si sarebbe risolto?Un'esperienza da ripetere? Sì, sperando che anche l'organizzazione prenda spunto da questo mezzo fallimento per migliorare. Ci faranno uno sconto al prossimo anno?Speriamo di sì, anche perchè l'amaro che ci è rimasto in bocca ci costringe a riprovarci!
martedì 18 dicembre 2007
cro-magnon, un annullamento annunciato – 07 - silvio frattini
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